Inadeguato, inattuale, dissonante. Non riesco a seguire, a volte nemmeno per dovuta necessità, la massa di immagini, definizioni, storie, riflessioni con cui inevitabilmente ho a che fare. Non voglio isolarmi, ma della saturazione disincagliarmi.
Eppure, siamo così, formati all’interno di queste relazioni che hanno alla loro base la rappresentazione. Un io soggetto rappresentato, quindi separato, dal suo stesso essere oggetto. Esistere, ex-sistere: stare fuori appunto. Apparire allora, da apparère: venire alla luce? Accogliere delle presenze, attraversarle? Presenze?
Questo io - noi (o meglio, io sono noi) è, e si realizza, tramite e attraverso la rappresentazione. Da e con la rappresentazione delle materie dell’altro.
Una coercizione simbiotica comune.
Da tempo immemorabile l’evoluzione biologica dei sensi primari ha determinato che la rappresentazione fosse l’anticipazione del nostro presente. Un futuro rappresentato e rappresentabile. Già immaginato.
La rappresentazione è memoria: siamo e viviamo in quanto rappresentazioni, illustrando in qualsiasi modo figure o fatti.
E cogliere tutto il resto? Quale resto, innanzitutto? Quindi, ciechi per immagini? Tanto verosimile quanto inaccettabile?
Come cogliere una dimensione diversa, altra alla rappresentazione? E se esistesse una memoria privata delle immagini? Una memoria privata e segreta, o una memoria senza immagini?
Alcuni elementi del dispositivo fotografico mi invitano a scrutare la propria assertiva e generatrice passività.
Osservo sulla superfice della cartafoto, palpabile, la luce che vi si deposita. Un tempo altro, passato e futuro dinamicamente costanti, infiniti. Il presente inghiottito nella forza vitale della trasformazione. Un’alterità incomprensibile, sconosciuta, non percepibile(?), non illustrabile attraverso strutture logiche e razionali categorie.
Percepisco disponibile e concreta una modalità: fare silenzio, farmi silenzio. Ascoltare. Non un’oltre da superare ma una diversità da attraversare. L’essere materia rappresentata, evoluta e simile a tutti gli umani che ci hanno preceduto non me lo permettono, fino in fondo, per ora.